Valorizziamo la filiera dei pataticoltori di Montese

Obiettivi

Il progetto di ricerca condotto dall’Università di Modena e Reggio Emilia in collaborazione con l’Associazione Produttori Patata di Montese, le aziende agricole Il Palazzino, Monteforte e Perosino, con il supporto dell’ente di formazione Dinamica, ha l’obiettivo primario di valorizzare il “Prodotto di Montagna” con particolare riferimento a un prodotto per definizione e tipologia di coltura “povero”. In tal senso, si vuole associare agli attributi che il consumatore attribuisce al prodotto “Patata di Montese”, nuovi attributi legati al suo luogo di origine. Usando infatti il nuovo marchio collettivo comunitario “Prodotto di Montagna” presentato lo scorso 26.02.2018 dal MIPAAF, si intende incrementare il valore di un prodotto che, ad oggi, evidenzia un contesto economico-produttivo debole a causa della ridotta marginalità sulla vendita.

Punti di forza

Pur rappresentando un prodotto ricercato inserito in un sistema di filiera moderno, il sistema produttivo della patata di Montese deve affrontare molte sfide di sostenibilità. Le conseguenze ambientali, sociali ed economiche della produzione alimentare sono infatti questioni importanti per le aree più svantaggiate (Reisch et al. 2013; Vinnari & Tapio, 2012) dove l’economia agricola sostiene l’intero sistema socio-economico (Fleury et al. 2008). I consumatori maggiormente attenti ai prodotti che consumano e alla loro origine produttiva, nonché al metodo di lavorazione degli stessi, hanno iniziato a consumare prodotti biologici (Jungbluth et al., 2000). Oggi, il cluster di consumatori che acquistano prodotti biologici ed ecologici è sempre più consistente (Veran et al. 2015; Jansson et al. 2009). L’industria agricola e alimentare, attraverso le etichette, deve immediatamente comunicare ai propri acquirenti e consumatori l’adeguatezza dei prodotti offerti rispetto a precisi stili di vita quali ad esempio il consumo “bio”. La certificazione biologica e l’impiego di strumenti e procedure rispettose del prodotto alimentare e del suo ambiente di origine diventano fondamentali soprattutto quando non è possibile competere con strategie basate sui volumi. Oggi, infatti, sul mercato, solo l’8,8% dei prodotti è certificato biologico, mentre il valore delle vendite dei prodotti biologici sta crescendo del 12,7% (Osservatorio Immagino 2018). Considerando che la willingness to pay dell’acquirente è maggiore per questi prodotti: ne deriva una grande opportunità per i pataticoltori di Montese.

Negli ultimi anni sta crescendo l’interesse per l’uso di prodotti innovativi e sostenibili per la fertilizzazione delle colture. Tale crescita è da imputare sia all’aumento del costo dei concimi minerali sia ad una maggiore sensibilità dell’opinione pubblica a temi di carattere ambientale e all’emanazione di nuove normative ambientali che limitino l’uso di fertilizzanti minerali (Pulvirenti et al. 2015; Vaneeckhaute et al. 2017). Accanto al possibile impiego di sottoprodotti di origine organica in agricoltura si stanno diffondendo i bio-fertilizzanti. Alcuni istituti (es. Neiker-Tecnalia) stanno, ad esempio, identificando i microorganismi autoctoni utili alle produzioni agricole per combinarli con diversi substrati organici e distribuirli come fertilizzanti arricchiti. Questi apportano svariati benefici al suolo e alle piante coltivate, in quanto i microorganismi rendono maggiormente disponibili per le piante alcune sostanze nutritive, stimolano la crescita delle radici e competono con la crescita e la diffusione dei microrganismi dannosi per le coltivazioni, riscuotendo un sempre maggiore interesse da parte degli agricoltori (Casea et al. 2017). Anche l’UE sta supportando il loro utilizzo con la predisposizione di un nuovo regolamento relativo alla commercializzazione di fertilizzanti innovativi a base di materia organica riciclata o di altre materie prime secondarie.